Burocrati? A casa. Adesso!

Ballarò, Rai 3, puntata del 20 novembre 2012. Si parla di crisi, primarie, elezioni a primavera. Intervento del Sindaco di Firenze Matteo Renzi, candidato per il PD alle primarie del centrosinistra, che dichiara testualmente quanto segue: “Ha ragione Tosi quando dice non sono stati fatti i tagli alla spesa che dovevano essere fatti, anche perché nel Governo ci son tanti di quei burocrati che dovrebbero essere mandati a casa, per primi, loro. Io per esempio dico che se noi vinceremo le primarie, i dirigenti a tempo indeterminato, non saranno più banditi i concorsi per dirigenti a tempo indeterminato. Cioè, sì il dipendente a tempo indeterminato, ma tu fai il dirigente se hai degli obiettivi chiari, concreti e misurabili e non hai più i mega stipendi che hai avuto fino ad oggi”. I beg your pardon?

Tentiamo una rapida esegesi. 1: devono esser fatti tagli alla spesa. Bene, benissimo. 2: al Governo ci sono dei burocrati che devono (sic) essere mandati a casa (Ministri? Dirigenti?). 3: se Renzi vince le primarie e diventa Presidente del Consiglio dei Ministri e capo del Governo, non si faranno più concorsi per dirigenti a tempo indeterminato (Quindi saranno a tempo determinato? A chiamata?). 4: il dirigente lo fai se hai obiettivi e senza gli scandalosi stipendi che oggi vengono guadagnati e sono – se ne deduce – le spese che devono essere tagliate. E il cerchio si chiude.

Ecco, lo voglio dire subito: io Renzi non lo voto. Ho versato 5 euro, come risulta dalla lista dei contributori, al viaggio del suo camper e sono soddisfatto che lui ed altri partecipino alle primarie del centrosinistra. Ma non lo voto. Dico anche che se alcuni temi legati al ricambio della classe politica sono entrati nel dibattito pubblico, grande parte del merito va anche a Matteo Renzi che, con modalità forse poco ortodosse, ha messo sul tavolo questioni vere e concrete. Non voterò per Renzi, per tanti motivi e, se credo sia legittimo criticarne le idee, anche aspramente, sono convito che sia giusto ed utile farlo sulla base di idee e ragionamenti diversi, senza demonizzazioni o negazioni di dignità e ruolo politico. Muovendo da questi presupposti, credo che le dichiarazioni fatte a Ballarò siano gravi perché dettate dalla totale incomprensione non solo della macchina pubblica ma delle più elementari norme costituzionali in materia. Il tutto, lo voglio dire, senza che in studio nessuno facesse notare l’enormità di quanto sostenuto, il che la dice lunga sul clima che ancora si respira nel Paese quando si tratta di amministrazione pubblica.

Due, fra i tanti, sono  gli aspetti che meritano qualche riga e che dovrebbero destare preoccupazioni molto serie. Il primo, che si inserisce nel quadro generale, riguarda l’intenzione di non tenere più concorsi per dirigenti a tempo indeterminato che va rumorosamente a cozzare contro il principio costituzionale del pubblico concorso che, con tutti i suoi difetti, ha l’ambizione (ed il dovere verso i cittadini) di reclutare i migliori per far funzionare al meglio la macchina pubblica. Val solo la pena ricordare che i costituenti scelsero questa via per garantire al massimo grado possibile l’imparzialità che ogni pubblico dipendente deve avere come stella polare della sua azione. E non casualmente certa politica ha sempre cercato di aggirare questo fastidioso paletto per collocare amici e sodali nei posti vitali dell’amministrazione, grati e lesti a rendere grazie al proprio referente di turno. Superfluo dirlo, ma esiste in Italia una istituzione formativa come la Scuola Superiore della P.A. che ha sfornato ad oggi in dieci anni circa 500 dirigenti giovani e motivati: quisquilie, bazzecole, pinzillacchere, sciocchezzuole!

Il secondo attiene, invece, al concreto funzionamento organizzativo degli uffici. Dire che il dirigente deve avere obiettivi chiari, concreti e misurabili è sacrosanto e da scolpire nella pietra in saecula saeculorum. Peccato che sia già così, e da anni. E che, anzi, parte importante di tutta la riforma Brunetta, criticabile quanto si vuole, insiste proprio su questo e si inserisce in un fiume normativo che è sfociato in un sistema di valutazione della dirigenza pubblico e trasparente. Migliorabile, certo, ma costruito in modo tale che tutti, non solo i dirigenti, siano valutati dal livello immediatamente superiore e soggetti alle conseguenze di valutazioni negative, licenziamento incluso. Tralascio per carità di Patria la solita, stantia polemica sui Paperoni di Stato che fa leva su una pubblicistica che mette nel tritacarne tutti e tutto (dirigenti di ruolo, incaricati, manager di aziende partecipate, politici trombati) e che mira esclusivamente a far cassa grazie alla legittima indignazione del Paese a fronte degli scandali degli ultimi anni.

Sia chiaro: le idee di Renzi sono legittime e vanno discusse. E a leggere le proposte del programma in materia di amministrazione, Stato e cittadini, credo che la linea sia quella di un approccio luccicante ma che pecchi di una reale comprensione delle dinamiche che vanno necessariamente governate. A partire dal titolo: “Uno Stato semplice, dalla parte dei cittadini“. Condivisibile, soprattutto la necessità che lo Stato sia dalla parte di noi tutti. Ma lo Stato non è semplice: è una cosa complicata. Complessa. Talvolta perché nella confusione normativa (chi fa le leggi?) regna una incertezza che fa comodo. Ma spesso la cosa pubblica non è semplice perché non sono semplici i problemi. E non credo siano sufficienti slogan: servono competenze, idee, persino amore per lo Stato. Perché, come ha detto il costituzionalista Valerio Onida in un recente convegno, la pubblica amministrazione non è il nemico dei cittadini, non deve e non può esserlo. Credetemi se dico che dover replicare, con argomenti seri e pacati, al fiume in piena dell’anti-pubblico che ormai è la norma e che impedisce qualsiasi tentativo di discussione seria e serena, è sfibrante. E desolante, perché questa deriva non fa che alimentare quel disegno, escogitato a tavolino, che ha artatamente – e brillantemente – dirottato l’attenzione dalla politica all’amministrazione, dai politici ai burocrati, dagli eletti a quelli che non rappresentano nessuno se non la loro gretta cupidigia da mezzemaniche. Allora, se la musica deve cambiare, cominci chi si candida a guidare un Paese a non gettare a mare chi il Paese lo serve. E non da Adesso!

6 Replies to “Burocrati? A casa. Adesso!”

  1. purtroppo, c’è un po’ di semplicismo nel programma di renzi (anche di altri candidati: quella che io voto, per es., è favorevole all’omeopatia…). a me pare che il programma renziano sia abbastanza solido quando parla di lavoro ed economia, quando parla di riforme istituzionali e assetto dello stato, invece, cede parecchio alla demagogia e alla banalità.
    ma secondo me sbagli se dici “siccome c’è quella parte lì che non mi piace allora non lo voto più”. non puoi riconoscerti al 100% in un programma o in un candidato, è impossibile.

    "Mi piace"

  2. Concordo. Non intendevo dire, naturalmente, che non voterò Renzi per le sue idee in materia di Stato e P.A., che pure non è cosa da poco. Non lo voterò, pur apprezzando che sia in gara, perché non mi convince il suo approccio, la famosa rottamazione, insomma. Allo stesso tempo, vorrei che anche il mio candidato, Bersani, fosse più deciso su alcuni temi, uno per tutti i diritti civili per le coppie omosessuali. Ti dirò, però, senza retorica, che sono davvero soddisfatto di come sono andate le cose sito ad oggi, le primarie fatte così sono un punto da cui sarà impossibile tornare indietro. Ciao!

    "Mi piace"

Lascia un commento