Ora, io non dico che occorra per forza andare a spulciarsi i dati relativi alle retribuzioni di tutti i dirigenti della pubblica amministrazione a disposizione in rete, ma ricorrere almeno al comune buon senso prima di solo pensare di scrivere certe cose, questo sì. Esce un rapporto OCSE sul funzionamento dei governi e un grafico a pag. 107 fa sobbalzare le redazioni dei giornali. Il Corriere della Sera: “P.A., dirigenti record. L’Ocse: pagati il triplo in più della media. Con 650mila dollari all’anno, i manager pubblici italiani guadagnano circa tre volte di più dei colleghi nel mondo”. Il Fatto Quotidiano (che piazza una foto di due “portaborse” davanti Montecitorio, chissà perché): “Ocse: in Italia i dirigenti pubblici più pagati. Quasi il triplo della media”. La Stampa: “In Italia i dirigenti della PA pagati il triplo della media europea. Stipendio medio di 650 mila dollari”. La Repubblica: “P.A., i manager italiani superpagati: hanno le retribuzioni più alte dell’area Ocse”. E il cittadino bibitaro di guzzantiana memoria che fa? Legge, mastica amaro e si indigna. Basta leggersi alcuni dei commenti in rete: cialtroni, ladri, mafiosi, servi della politica, mangia pane a tradimento, e così via. C’è da restarne annichiliti.
Verrebbe da chiedersi se coloro che hanno buttato giù lo scoop abbiano tentato di immaginare se potesse esser vero – o quantomeno verosimile – che i dirigenti pubblici italiani guadagnino l’equivalente di 650.000 dollari l’anno. Parliamo, per capirci, di circa 41.000 euro al mese. Quarantunomila. Ma qualcuno si è reso conto, in un lontano recesso della sua mente, della enorme castroneria che veniva sparata in rete? Eppure sarebbe bastato sfogliare il famigerato rapporto OCSE (che esamina dati 2011) per capire immediatamente che la rilevazione riguarda i senior manager D1 e D2. E chi sono costoro? Sono (pag. 178) coloro posti alle dirette dipendenze del vertice politico, Ministri e simili. Ma quanti diavolo sono? La Funzione Pubblica ha fatto presente che “la rilevazione è stata compiuta su soli sei ministeri, quelli in comune tra tutti i paesi europei. I valori più alti rilevati dall’Ocse sono riferiti a casi molto limitati relativi a posizione di vertice, mentre per quanto riguarda le altre categorie dirigenziali i dati sono ampiamente in linea con la media dei paesi Ocse”. Inoltre, sarebbe stato sufficiente leggere la nota medotologica per vedere che “nel calcolo dei valori, oltre alla retribuzione lorda del dirigente, sono stati inclusi i contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro, che sono molto più alti in Italia rispetto a tutti gli altri Paesi considerati, su percentuali vicine al 40%”.

Insomma, parliamo di dati gonfiati, riferiti ad un periodo precedente all’introduzione dei tetti alle retribuzioni massime e che fanno capo ad un pugno di poche figure apicali. Si tratta, cioè, di una media sulle prime cinque poltrone su cinquemila: un dato che, oltre che inutile, è fuorviante. Manager pubblico, peraltro, nel linguaggio degli studiosi internazionali di pubblica amministrazione, non coincide affatto con la figura del dirigente pubblico, che in Italia ancora (!) guadagna i galloni vincendo un concorso. E si includono, ad esempio, i vertici di società pubbliche e delle c.d. partecipate agganciate alla struttura centrale nonché i dirigenti nominati direttamente dalla politica (pochi, fortunatamente, ma sempre troppi) che hanno stipendi più alti. Duro da capire? Non mi sembra. Difficile da spiegare? Forse. Purtroppo qualsiasi pur lontanamente serio tentativo di analisi annega nella voglia di eccitare gli animi della folla ululante armata di torce e forconi che si dirige verso il Castello di Frankenstein dei boiardi, dei mammasantissima, dei soliti noti. Ci sono cose che non vanno nella macchina dello Stato? Ce ne sono molte, moltissime, a partire dalla qualità dei servizi. Ma sparare nel mucchio è non solo inutile per produrre qualche risultato, ma è da irresponsabili. Sono anni che come Associazione degli ex allievi della Scuola di Amministrazione chiediamo che si dia un taglio alle tante storture del sistema pubblico, come ad esempio i dirigenti nominati dalla politica o il blocco della circolazione fra i diversi comparti della macchina pubblica così da stimolare lo scambio di competenze e far emergere i migliori. Eppure tutti gli innumerevoli interventi di riforma evitano accuratamente quei nodi che sarebbe urgente sciogliere: concorsi nazionali, premiare il merito, dare strumenti al passo coi tempi, solo per dirne qualcuno. C’è qualcosa che non va o è una mia impressione?
11 Replies to “Odio sociale? Sì, grazie”