Ma voi, come cittadini, preferireste avere a che fare con pubblici amministratori indipendenti e al servizio esclusivo della Nazione, come recita l’articolo 98 della Costituzione, o con burocrati che operano con una bella spada di Damocle sulla testa, che potrebbe influenzare in qualche modo le loro azioni? La domanda retorica trova fondamento in una scellerata norma contenuta nel decreto legge numero 138 della scorsa estate che, al comma 18 dell’articolo 1 dispone: “Al fine di assicurare la massima funzionalità e flessibilità, in relazione a motivate esigenze organizzative, le pubbliche amministrazioni […] possono disporre, nei confronti del personale appartenente alla carriera prefettizia ovvero avente qualifica dirigenziale, il passaggio ad altro incarico prima della data di scadenza dell’incarico ricoperto prevista dalla normativa o dal contratto. In tal caso il dipendente conserva, sino alla predetta data, il trattamento economico in godimento a condizione che, ove necessario, sia prevista la compensazione finanziaria, anche a carico del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato o di altri fondi analoghi“. Il Governo, cioè, prima di andarsene sotto l’ombrellone di Ferragosto, si inventa uno strumento che permette di far ruotare dirigenti e prefetti a piacere (Motivate esigenze organizzative? Ma mi faccia il piacere!). Rotazione ad capocchiam, insomma.
Il laconico comunicato stampa del Consiglio dei Ministri del 12 agosto nulla riportava sul punto, mentre, a scartabellare l’immensa mole dei lavori parlamentari di conversione del decreto, culminati nella legge di conversione n. 148 del 14 settembre 2011, non sono riuscito a trovare un solo tentativo di emendamento della norma. Posso sbagliarmi: in tal caso sarei lieto di ricevere notizie in merito. Fatte salve sviste del Vostro, in ogni momento potrà accadere, in spregio alla logica, alle normative vigenti ed alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che un Ministro faccia ruotare un dirigente apicale o un prefetto per “motivate esigenze amministrative”. E che dire dei dirigenti di trincea, di seconda fascia? E’ così difficile immaginare che anche loro, per le più svariate ragioni, da un momento all’altro, possano essere spostati perché scomodi o per far posto a qualche sodale? Magari a un bel 19 comma 6, in quota esterna? E quanto liberi nella loro quotidiana attività decisionale ed operativa potranno sentirsi costoro (me incluso)?
E poi qualcuno può spiegarmi cosa c’azzecchi la riduzione della spesa pubblica, come recita il dispositivo dell’articolo 1, col passaggio ad altro incarico dei dirigenti? E dei prefetti? Addirittura, a leggere la Nota di Lettura del Servizio del Bilancio del Senato (pagg. 19 e 20), “si rileva che la disposizione non sembrerebbe considerare la fattispecie nella quale tali fondi risultassero indisponibili, in quanto interamente impegnati in relazione a altri incarichi già assegnati. In tal senso, la previsione per cui il prefetto o dirigente assegnato ad altro incarico, indipendentemente dalle risorse degli esistenti fondi, debba mantenere la retribuzione precedente potrebbe prefigurare l’emersione di maggiori oneri rispetto al quadro finanziario a legislazione vigente”. Ah, ecco. Qualcuno se ne è accorto? Capisco che pizzicare una singola disposizione nel guazzabuglio di numeri e parole che prendono il nome di leggi in questo Paese sia difficile: per un cittadino comune decifrare da solo la Stele di Rosetta sarebbe impresa di minor peso. Non scordiamoci, però, che questa disposizione, che si mette in coda allo tsunami di norme che periodicamente e pervicacemente investono la dirigenza pubblica (e non solo) di questo Paese, rappresenta una ferita gravissima al principio di separazione fra politica e amministrazione e, in ultima istanza, alla imparzialità del pubblico dipendente ed alla tutela della parità di trattamento dei cittadini. Non mi sembra poco.
Si tratta dell’ultima di una serie di norme che hanno riguardato e riguardano la dirigenza pubblica.
Sarebbe giusto ricordare che le condizioni per una minore indipendenza dei dirigenti trovano la loro origine nel decreto legislativo 165/2001 e si sono sviluppate nelle normative successive, fino a quella di agosto.
La mera trasposizione di meccanismi privatistici in un settore nel quale i dipendenti PUBBLICI sono tenuti ad assolvere a compiti di interesse pubblico non funziona.
I Governi di volta in volta in carica e la “Nazione” non coincidono ed è per questo che la figura del dirigente non può essere esclusivamente strumentale alle finalità dei primi.
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Non lo si poteva dire meglio!
Grazie Valerio
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