Sembra proprio che il meccanismo del reclutamento tramite corso-concorso per nuovi dirigenti nello Stato cominci ad essere ben oliato: è stato, infatti, bandito, ed annunciato oggi a Palazzo Chigi nel corso di una conferenza stampa, il 5° corso-concorso della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA) per acquisire ben 146 allievi dirigenti. Per i non addetti ai lavori, ciò significa che chi supererà la selezione farà un anno di corso presso la Scuola del Governo e, dopo sei mesi di tirocinio, entrerà direttamente nelle amministrazioni italiane come dirigente. E’ davvero una bella notizia, soprattutto se si ricorda quanto l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi disse in occasione del quarantennale della SSPA nel 2002, sottolineando l’esigenza che la Scuola dovesse operare una vera e propria vendemmia annuale di talenti per rinvigorire la macchina dello Stato.
Ad oggi, circa 500 sono i dirigenti che sono figli di questo percorso, ed ai quali si rivolge l’Associazione degli ex-allievi: lavorano in tutti i ministeri e gli enti pubblici, portando, a mio modo di vedere, una propria specificità che non può che essere coltivata. Sono convinto che questo (ancora troppo) piccolo nucleo abbia dalla sua il condividere una visione dell’Amministrazione come unicum, sentendosi non tanto membri di quel ministero o quell’ente, ma, soprattutto, funzionari della Amministrazione italiana. Tutta. La rete, frutto delle tante ore passate assieme, è la loro – permettetemi, nostra – forza, che aiuta a dare un significativo contributo alla vita sociale ed economica del Paese.
Spero, allora, che la strada, che sino ad oggi ha sofferto di troppi ritardi e timidezze, sia finalmente spianata e che questa modalità di reclutamento permetta e faciliti il formarsi di quello spirito di corpo che tanto si invidia, ad esempio, agli énarques francesi e che dia spazio ai tanti giovani (e meno giovani) preparati, magari estranei alla pubblica amministrazione, per fare la propria parte. Tutto perfetto? No, certamente: in varie occasioni, ad esempio, gli ex-allievi hanno organizzato momenti di confronto e di riflessione per affrontare anche le criticità di casa propria, e pubblicando, pochi mesi fa, una proposta sulle possibili cose da fare.
Proprio sulla base di quella proposta, rilancio un punto che mi sembra fondamentale, accanto alla necessità di arrivare ad un riconoscimento legale, quale titolo di studio, del periodo passato nella Scuola (dove si studia, si danno esami e si discute una tesi). Ad oggi, ai sensi dell’articolo 28, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, solo tre posti su dieci disponibili nel bacino dirigenza possono essere attribuiti secondo la strada del corso-concorso, mentre gli altri sette seguono le procedure del concorso per esami indetto dalla singola amministrazione interessata (concorso per dipendenti, insomma). Ebbene, credo che la percentuale di dirigenti che provengono dai corsi-concorso della SSPA debba venire innalzata al 50%, per alcuni motivi.
Intanto, fatte salve le legittime aspirazioni dei tanti funzionari preparati che ci sono nelle amministrazioni italiane, va equilibrata la possibilità di accesso per gli esterni, tenuto conto che il corso-concorso è pur sempre aperto a tutti, dipendenti o meno. Poi la salvaguardia dell’elemento rappresentato dalla possibilità di inserire individui che non hanno mai vissuto nell’amministrazione e che possono portare, per contagio (e magari prima di essere contagiati) nuova freschezza. Ancora, il giusto spazio per un concorso nazionale che, ne sono convinto, riduce gli aspetti legati alla italica “spintarella”, che può trovare maggiori spazi giocando in casa. Insomma, nessuna demonizzazione e nessuna beatificazione, ma un nuovo riassetto che porti vantaggio alla comunità. Si riparte.