Qualcuno l’ha definita una diversa articolazione della maggioranza, ma la situazione legata agli eventi degli ultimi giorni, dopo l’ufficializzazione della componente finiana, non promette stabilità. Settembre o marzo, mi sembra inevitabile si arrivi ad elezioni anticipate. Personalmente, pur trovando più di un fondamento nella tesi che, nella sostanza, la parola dovrebbe tornare subito agli elettori, che hanno votato per un governo, una maggioranza ed un programma specifici, non si può non tener conto di qualche fattore. Non mi interessa tanto andare a vedere a chi conviene o meno andare a votare (alla Lega e all’IDV, tanto per dire), ma capire se le elezioni, così come stanno le cose, presentino controindicazioni.
In primo luogo, siamo ancora in un quadro di parlamentarismo, per cui Napolitano, in caso di dimissioni del Governo, dovrebbe senz’altro vagliare tutte le possibilità legate all’esistenza di una diversa maggioranza. Potrebbe prendere vita, quindi, un governo transitorio (tecnico, istituzionale, di decantazione, i casi sono tanti) che traghetti il Paese ad elezioni. Aldilà di aspetti (apparentemente) formali, penso ci siano due cose su cui si dovrebbe lavorare prima del voto.
Intanto, la legge elettorale. La famosa “porcata” non fa che nominare i parlamentari, deresponsabilizzando gli eletti nei confronti delle comunità – visto che chi conta è il partito che fa le nomine – e minando definitivamente anche quel poco di processo democratico all’interno dei partiti, azzoppando la selezione dei candidati aperta a tutti gli iscritti (ah, a proposito, io voglio le Primarie).
In secondo luogo, c’è un problema di etica pubblica, strettamente legata a quella interna ai partiti, che va affrontata con decisione. E’ a rischio la tenuta del sistema Paese se è vero che, come scrive Luigi Zingales, i valori ed il senso civico di una comunità costituiscono uno stock di capitale. E se la Corte dei conti denuncia un progressivo peggioramento dei fenomeni di corruzione del settore pubblico, non sarebbe male che i partiti politici si sbrighino a fare passi concreti. Si è riparlato di codici etici che, se correttamente applicati, sono certamente utili, ma assicurare, come precondizione, un minimo sindacale di vita democratica all’interno delle forze politiche è sfida ardua. Come si prendono le decisioni, come si scelgono i candidati, quanta trasparenza c’è dentro le sedi dei partiti? Il rischio è l’antipolitica sfrenata, il “tutti ladri” e la sfiducia nel sistema. Basterebbero pochi mesi per dare efficaci concreti a chi nel Paese ci crede ancora. Potrebbero. Dovrebbero. Perchè, altrimenti, poi che si fa?